Gabriele Salvaterra
La profondità della pittura per Emanuela Fiorelli
BOLZANO | Antonella Cattani Contemporary Art | 9 maggio – 28 luglio 2014
Intervista a EMANUELA FIORELLI di Gabriele Salvaterra
Emanuela Fiorelli (1970) presenta a Bolzano una nuova serie di lavori contrassegnati da un colore profondo e tridimensionale in cui la sua consueta volontà costruttiva si sposa con la delicatezza del tessuto, della tessitura e della sfumatura. Tele punteggiate dal filo di cotone che, a uno sguardo più attento, si rivelano percorribili in senso tridimensionale in una scrittura affascinante. In questi passaggi cromatici, in grado di evocare galassie lontane o tramonti infuocati, si ritrova ancora l’esigenza di Fiorelli di sondare la pittura nelle sue possibilità tridimensionali, mostrandone la struttura in profondità, oltre le trasparenze coloristiche di superficie. Vuoi parlarci di questi ultimi lavori? Si nota rispetto ai lavori precedenti un trattamento più pittorico delle superfici…
Nelle opere realizzate per la recente mostra Deep Color sono intervenuta sulle tarlatane tingendole con più colori. È dalla loro sovrapposizione che nasce la sensazione di profondità che emerge da queste opere. Alla base del mio lavoro c’è sempre la regola, il ritmo, la geometria, ma ora, con l’aggiunta del colore che per capillarità si espande in modo incontrollato, sottolineo il dualismo tra istinto e ragione e la loro necessità di coesistenza.
Si nota infatti come i tuoi lavori siano impostati su un progetto rigoroso, ma anche come questa regola possa dar vita a qualcosa di inaspettato, anche caotico. È così?
Sì, i miei lavori a volte nascono dalla sovrapposizione di opere precedentemente realizzate e questo fa nascere possibilità e soluzioni non previste fino in fondo. In altre, ripetendo il caos, lo faccio diventare regola e quindi posso controllarlo. Nella mostra L’orizzonte degli eventi ho affrontato proprio il limite che c’è tra conosciuto e sconosciuto.
Puoi parlarci dei materiali impiegati nelle tue composizioni? Il filo sembra essere un elemento fondamentale…
Nella mia continua ricerca del ritmo utilizzo il filo elastico o di cotone come un segno in 3D. La loro differenza è fondamentale: il filo elastico è un materiale che mi assomiglia, si conforma alle superfici, è adattabile e lo uso spesso nelle installazioni ambientali; il filo di cotone è invece più pittorico, più sensibile, quindi lo uso soprattutto nelle opere realizzate con le tarlatane.
Un aspetto interessante è anche quello della tessitura che può essere interpretato come un elemento di matrice femminile o che comunque inserisce un aspetto di delicatezza nell’opera. Ti riconosci in questa lettura?
Il gesto della tessitura è, nel mio caso, un mettere in relazione superfici e piani diversi attraverso il filo. Questi elementi vengono tenuti insieme dalla tensione: un’energia invisibile ma continua. I nodi determinano l’apertura e la chiusura del “circuito”. Il risultato è un’idea di equilibrio che scaturisce dalla tensione e mai dalla stasi.
Nel tuo lavoro si possono ritrovare molti rimandi storici, c’è qualche figura a cui guardi nella prosecuzione della tua ricerca?
Nelle mie opere hanno visto delle affinità con l’optical art, con l’arte programmata, con lo spazialismo. È chiaro che sono figlia di questa linea di ricerca, mi è affine. Spero solo di portarla avanti e di allargarne gli orizzonti.
Hai altri progetti alle porte?
Nell’immediato futuro sarò a Basilea in giugno con la galleria Denise René
Intervista a EMANUELA FIORELLI di Gabriele Salvaterra
Emanuela Fiorelli (1970) presenta a Bolzano una nuova serie di lavori contrassegnati da un colore profondo e tridimensionale in cui la sua consueta volontà costruttiva si sposa con la delicatezza del tessuto, della tessitura e della sfumatura. Tele punteggiate dal filo di cotone che, a uno sguardo più attento, si rivelano percorribili in senso tridimensionale in una scrittura affascinante. In questi passaggi cromatici, in grado di evocare galassie lontane o tramonti infuocati, si ritrova ancora l’esigenza di Fiorelli di sondare la pittura nelle sue possibilità tridimensionali, mostrandone la struttura in profondità, oltre le trasparenze coloristiche di superficie. Vuoi parlarci di questi ultimi lavori? Si nota rispetto ai lavori precedenti un trattamento più pittorico delle superfici…
Nelle opere realizzate per la recente mostra Deep Color sono intervenuta sulle tarlatane tingendole con più colori. È dalla loro sovrapposizione che nasce la sensazione di profondità che emerge da queste opere. Alla base del mio lavoro c’è sempre la regola, il ritmo, la geometria, ma ora, con l’aggiunta del colore che per capillarità si espande in modo incontrollato, sottolineo il dualismo tra istinto e ragione e la loro necessità di coesistenza.
Si nota infatti come i tuoi lavori siano impostati su un progetto rigoroso, ma anche come questa regola possa dar vita a qualcosa di inaspettato, anche caotico. È così?
Sì, i miei lavori a volte nascono dalla sovrapposizione di opere precedentemente realizzate e questo fa nascere possibilità e soluzioni non previste fino in fondo. In altre, ripetendo il caos, lo faccio diventare regola e quindi posso controllarlo. Nella mostra L’orizzonte degli eventi ho affrontato proprio il limite che c’è tra conosciuto e sconosciuto.
Puoi parlarci dei materiali impiegati nelle tue composizioni? Il filo sembra essere un elemento fondamentale…
Nella mia continua ricerca del ritmo utilizzo il filo elastico o di cotone come un segno in 3D. La loro differenza è fondamentale: il filo elastico è un materiale che mi assomiglia, si conforma alle superfici, è adattabile e lo uso spesso nelle installazioni ambientali; il filo di cotone è invece più pittorico, più sensibile, quindi lo uso soprattutto nelle opere realizzate con le tarlatane.
Un aspetto interessante è anche quello della tessitura che può essere interpretato come un elemento di matrice femminile o che comunque inserisce un aspetto di delicatezza nell’opera. Ti riconosci in questa lettura?
Il gesto della tessitura è, nel mio caso, un mettere in relazione superfici e piani diversi attraverso il filo. Questi elementi vengono tenuti insieme dalla tensione: un’energia invisibile ma continua. I nodi determinano l’apertura e la chiusura del “circuito”. Il risultato è un’idea di equilibrio che scaturisce dalla tensione e mai dalla stasi.
Nel tuo lavoro si possono ritrovare molti rimandi storici, c’è qualche figura a cui guardi nella prosecuzione della tua ricerca?
Nelle mie opere hanno visto delle affinità con l’optical art, con l’arte programmata, con lo spazialismo. È chiaro che sono figlia di questa linea di ricerca, mi è affine. Spero solo di portarla avanti e di allargarne gli orizzonti.
Hai altri progetti alle porte?
Nell’immediato futuro sarò a Basilea in giugno con la galleria Denise René