Genesi: a cura di Silvia Pegoraro
Genesi: Fabbri .c.a.
dal 13 aprile al 22 maggio 2010
Emanuela Fiorelli (Roma, 1970) parte dal disegno e dal suo processo per ricostituire distanze, serie e separazioni. In tal modo l’artista approfondisce la linea scientifico-progettuale di tutto ciò che concerne l'esperienza del visibile, esprimendosi oltre la pura figurazione, fra ripetizione e successione temporale, sulle dinamiche dei procedimenti e nuove intenzioni di espressività. Secondo l’artista romana, “un disegno può essere un tracciato di linee su una superficie piana, oppure la pianta di un ‘qualcos’altro’, che per chiarirsi ha bisogno di essere estruso nello spazio”.
Convenzionalmente, nell’opera di Fiorelli la cadenza ritmata sembra essere il campo della pura evidenza e dell'inerte dimostrazione, il luogo di una razionalità meccanica e puramente funzionale.
dal 13 aprile al 22 maggio 2010
Emanuela Fiorelli (Roma, 1970) parte dal disegno e dal suo processo per ricostituire distanze, serie e separazioni. In tal modo l’artista approfondisce la linea scientifico-progettuale di tutto ciò che concerne l'esperienza del visibile, esprimendosi oltre la pura figurazione, fra ripetizione e successione temporale, sulle dinamiche dei procedimenti e nuove intenzioni di espressività. Secondo l’artista romana, “un disegno può essere un tracciato di linee su una superficie piana, oppure la pianta di un ‘qualcos’altro’, che per chiarirsi ha bisogno di essere estruso nello spazio”.
Convenzionalmente, nell’opera di Fiorelli la cadenza ritmata sembra essere il campo della pura evidenza e dell'inerte dimostrazione, il luogo di una razionalità meccanica e puramente funzionale.
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In questo senso, il suo lavoro sembra privilegiare la premessa, in quanto la conclusione diventa lo sbocco inevitabile di un processo deduttivo e naturalmente logico giocato tra campiture strutturate e monocrome.
Le esposizioni di Fiorelli sono un percorso che si esalta nella visione complessiva, nell’esteriorizzazione di un’entità culturale soggettiva e personale che rifugge schemi e confini precostituiti se non inseriti in un rigore interno, in un approccio intellettuale e nella gestualità sapiente con la quale è costituita la tramatura di fili e ferri sottili. Entità che si rapporta sempre fuori dall’opera stessa, operando un gioco di scambio con lo spazio che la circonda, i possibili significati e l’interazione necessaria con lo spettatore. L’artista - con i suoi giochi di disegni, tessuti e ombre - cerca di influenzare un mutamento dall’interno, giocando con i vuoti, con la sottrazione di peso e con l’accostamento delle trame, intaccando in tal modo il respiro profondo del lavoro e il rapporto delle possibili relazioni fisiche e psicologiche.
In questo ciclo di lavori, la morfologia delle opere diventa una categoria sostanziale. Le installazioni a parete passano dalle quadrettature regolari di matrice minimalista a qualcosa che travalica l’essenza stessa della forma, determinandosi in una pratica autoanalitica, in un’indagine riflessiva compiuta tra rifrazione concettuale e azione che imprigiona e sprigiona la luce.
I telai in legno, le tarlatane e i fili utilizzati nei suoi lavori sono contenuti in supporti rigorosamente incorniciati anche nella serie Genesi, ispirata al primo libro della Bibbia. Le architetture e i campi spaziali dalla trama pulita e costante costituiscono la struttura delle installazioni, applicando il potere che hanno certe forme - quello di imporsi sempre - in maniera tuttavia contenuta, per passare dal dissomigliante al somigliante, da qualcosa d’informale a una forma finita che rispecchia, e non solo per l’uso dell’aniconicità, una struttura reale.
Martina Cavallarin
Exibart 28 aprile 2010
Martina Cavallarin
Exibart 28 aprile 2010
Opere esposte