Martina Adami: Mutevole struttura
Paolo Radi ed Emanuela Fiorelli affondano le radici della loro pratica artistica nella ricerca spazialista che vide come capofila, a partire dalla metà del secolo scorso, Lucio Fontana. Infatti i due, non completamente appagati della superfice bidimensionale, si spingono verso l’indagine della forma e dello spazio tridimensionale. La bipersonale Mutevole Struttura, allestita fino al 14 marzo presso la galleria Spazia di Bologna, raccoglie proprio molti lavori della coppia. I lavori di Radi sono superfici aggettanti in tensione plastica. Le sue opere suscitano l’impressione che forme sfigurate o esseri alieni vogliano emergere dagli strati semi trasparenti che li intrappolano. I materiali che predilige l’artista sono già da diverso tempo siliconi, perspex e pvc. Non c’è un reale punto privilegiato per la visione dei lavori, nonostante vi sia sotto la superficie un elemento che pare centrale; ma lo spettatore, spostandosi, potrà saggiare ogni volta nuove visioni di queste affascinanti masse informi, opache e trasparenti. Il colore rimane un elemento nello sfondo ma che irradia tutta la superfice dell’opera in modo tenue, concorrendo insieme alla luce a donare profondità e mutevolezza all’opera. Quelli di Radi sono, dunque, lavori aniconici ai quali l’artista ha assegnato titoli accattivanti, tra il senso e il non senso che arricchiscono la visione del lavoro offrendo uno spunto, indirizzando il pensiero senza vincolarlo.
I lavori di Fiorelli, invece, sono la trasposizione di uno schema mentale preordinato. Attraverso la distensione e l’ordito di un filo elastico, prendono forma piani e volumi taglienti. In mostra compaiono opere a parete oltre diversi box in plexiglass. In tutti è il filo elastico a generare un disegno tridimensionale, mettendo in connessione superfici diverse. I fili tesi tagliano lo spazio e creano caleidoscopiche immagini molte delle quali sembrano essere generate da un vortice. Il gioco tra le superfici e i materiali produce un effetto ambiguo: a ombre reali si confondono quelle parventi. Il senso di caos è solo apparente, perché quello di Fiorelli è un lavoro che si fonda su una rigida disciplina esecutiva dove è centrale un preliminare calcolo geometrico ai fini della pratica operativa. Alcune delle opere hanno sullo sfondo serigrafie di lavori precedenti, da cui Fiorelli è partita per tracciare altri segni nello spazio. I suoi lavori sono dunque una stratificazione di segni legati tra loro e sempre generati da un filo teso.
L’allestimento della mostra è attento a bilanciare le due poetiche. Nella sala d’ingresso sono distribuite uniformemente le opere sia dell’uno che dell’altra, ma nelle sale successive è stato dato spazio prima a Radi e nell’ultima sala è invece protagonista il lavoro di Fiorelli.