Nadia Marconi

Quando il colore crea ordine nel caos



È l’indagine del reale e delle leggi sfuggenti che regolano la sua apparente caoticità, che si esplica attraverso la ripetizione del gesto, a guidare la riflessione di Emanuela Fiorelli, così come accadeva per i suoi illustri predecessori Lucio Fontana, Enrico Castellani e Agostino Buonalumi, lungo quell’asse che, nel corso del Novecento, mirava alla conquista dello spazio. L’artista romana però declina quest’ambizione in modo totalmente personale e contemporaneo, arricchendo la ricerca anche grazie all’apporto di un’esplicita sensibilità tutta femminile. È così che dagli spazi dell’Antonella Cattani Contemporary Art prende forma un dialogo sottile e raffinatissimo tra luce e spazio, colore e movimento, elementi fondanti della cifra stilistica di Fiorelli, pienamente apprezzabili nei lavori proposti nel contesto di Deep color, la personale ospitata da oggi dalla galleria bolzanina. Nella serie di lavori in mostra, appositamente concepiti per l’evento, il colore diviene elemento fondante per un’indagine della terza dimensione, che cattura l’osservatore innescando un processo che lo conduce all’interno dello spazio concepito, percepito e creato dall’artista con sensibilità estrema e raffinata. Il colore della maggior parte delle opere in mostra è quello delle superfici di fondo in tarlatana,un tessuto leggerissimo di cotone trattato con l’appretto che l’artista tinge personalmente ricorrendo ad antiche tecniche apprese in Turchia. La ricercatezza cromatica della trattazione della tarlatana e dei suoi sviluppi tonali fa da base alla tessitura geometrica del filo elastico di cotone, cifra stilistica che rende inconfondibile il lavoro di Emanuela Fiorelli. Ed è negli spazi ordinati e geometrici dell’intreccio dei fili i quali gettano la propria ombra sulla tela, che trova spazio l’esperienza percettiva maturata dall’osservatore, in costante tensione tra rigorosa disciplina e sensualità. Lo sguardo viene sapientemente proiettato in profondità, attraverso una padronanza dello spazio che l’artista mette in atto grazie a quella che, qualche anno fa, Letizia Ragaglia ha descritto come una «gestualità tipica- mente femminile (attraverso la quale) l’artista crea spazi effettivi, che intessono concrete relazioni». La direttrice di Museion prosegue osservando che a Fiorelli non interessano effetti illusori o aspett puramente ottici, dimostrandosi erede di un’arte rigorosa come quella minimalista, che nel corso degli anni Sessanta, aveva ingaggiato una vera e propria lotta nei confronti dell’illusione all’interno dell’arte. Ora, se è vero che l’opera di Fiorelli è priva di quella radicale autoreferenzialità che connota la ricerca degli esponenti della minimal art, è comunque portatrice di una totale assenza gerarchica per gli elementi che la compongono, oltre a manifestare un dialogo fittissimo e imprescindibile con gli spazi che la ospitano. Ancora una volta, nelle opere di quest’artista, strutturazione geometrica e rigore concettuale coesistono e si sviluppano in totale armonia con la libertà che connota la fruizione delle sue opere, incoraggiata e facilitata dal potente effetto evocativo ed emozionale innescato dalle raffinate tonalità cromatiche. Quelle che si attestano come delle «tessiture ambientali», moltiplicano la percezione dei piani e delle superfici spaziali, generando uno spazio più ideale che reale, originato dall’azione mentale, che trova la propria legittimazione nella trama geometrica dei fili che attraversano lo spazio.
Nadia Marconi
© Corriere dell'Alto Adige Venerdì 9 Maggio 2014