Silvia Pegoraro
II "Caosmo" di Emanuela Fiorelli
Tra arte e scienza
Dove il mondo cessa di essere il palcoscenico delle nostre speranze e dei nostri desideri per divenire l'oggetto della libera curiosità e della contemplazione, li iniziano l'arte e la scienza. Se cerchiamo di descrivere la nostra esperienza all'interno degli schemi della logica, entriamo nel mondo della scienza; se, invece, le relazioni che intercorrono tra le forme della nostra rappresentazione sfuggono alla comprensione razionale e pur tuttavia manifestano intuitivamente il loro significato, entriamo nel mondo della creazione artistica. Ciò che accomuna i due mondi è l'aspirazione a qualcosa di non arbitrario, di universale.
Albert Einstein
La concezione matematica dell'arte non è la matematica nel senso stretto del termine.(...) E' piuttosto una configurazione di ritmi e relazioni, di leggi che hanno una origine individuale, alto stesso modo in cui la matematica ha i suoi elementi innovatori originari nel pensiero dei suoi innovatori.
Max Bill
L'arte e una bugia che ci aiuta a riconoscere la verità.
Pablo Picasso
read more
Arte e matematica
Recondite armonie
Navigando lungo le coste dell'Italia meridionale e della Sicilia, gli antichi Pitagorici contemplavano nella notte il cielo stellato, cercavano di comporre le distanze di quelle luci lontane in armonie di numeri, che - come dice Platone - sono più belle delle meraviglie del cielo che sono nel mondo visibile. E, come se l'Universo rispondesse al loro sentimento interiore, quelle armonie divenivano poco a poco per loro una musica celestiale, insensibile all'orecchio, ma presente allo spirito dei contemplanti. Cosi una tradizione storica colorita di poesia ci riporta il sentimento che ispirò i primi passi della ricerca matematica. A distanza di secoli la commozione di chi coglie una "nota del poema eterno" si sente ancora nel linguaggio dei grandi matematici e fisico-matematici. Qui la commozione estetica si esprime come davanti alla bellezza di uno spettacolo della Natura. Ma la stessa commozione accompagna le più alte creazioni delle matematiche pure. II matematico ungherese Janos Bolyai, comunicando al padre la sua scoperta della geometria non-euclidea, gli scriveva: "Dal nulla ho tratto un nuovo mondo". II matematico ha il sentimento che l'opera della sua immaginazione creatrice dia la vita ai fantasmi evocati, come accade aIl'artista e al poeta. Perciò Weierstrass poteva dire che "un matematico che non abbia nulla di poetico non sarà mai un matematico completo". II valore artistico della matematica si disvela nelle regole di proporzione e di misura - regola di prospettiva e di rilievo, canoni della razionalità architettonica, metrica e contrappunto - che sin dall'antichità affascinarono gli studiosi delle nascoste armonie, e che per Dante costituiscono "lo fren dell'arte": non per nulla il disegno dei mondi ultra terreni esplorati nella Divina Commedia, è scolpito con precisione geometrica e le proporzioni numeriche sono strettamente osservate anche nella ripartizione dei versi fra le tre Cantiche, e nei canti che le compongono. Sia la matematica che l'arte perseguono un "possibile", formale la prima, alternativo la seconda. L'espressività matematica si determina attraverso segni, quella artistica per mezzo di simboli; la prima è regolata dalla convenzione, la seconda usa il simbolo come veicolo naturale del concetto che impersona, diventando segno iconico, secondo l'accezione di Charles W. Morris'. Moltissimi, e importanti, gli artisti che nella storia dell'arte occidentale hanno avuto un rapporto fondamentale e irrinunciabile con la matematica. Piero della Francesca fu sia pittore che matematico, e accanto al De prospective pingendi scrisse trattati come De quinque corporibus regolaribus. Leonardo aprì it suo Trattato della pittura con il motto "proibita la lettura ai non matematici". Albrecht Durer scrisse un libro sulle figure plane e solide e realizzò l'incisione Melencholia 1, in cui compaiono strani solidi e un quadrato magico. Paolo Uccello venne addirittura accusato dal Vasari di essere più un matematico che un artista, e a lui si deve anche un mosaico poliedrico sul pavimento della Basilica di San Marco a Venezia. Kandinskij teorizzò nel 1912, ne Lo spirituale nell'arte, la sostituzione dell'immaginazione dell'artista con la concezione matematica, e sviluppo questo approccio nel 1926 in Punto, linea e superficie. Piet Mondrian, nel 1920, paragonava nel testo Neoplasticismo la sua pittura all'astrattismo della matematica, con meno assolutezza e più plasticità. Salvador Dali ambientò l'Ultima cena in una struttura dodecaedrica simboleggiante i 12 apostoli, rappresentò nella Crocifissione (Corpus hypercubus) la croce come lo sviluppo tridimensionale di un ipercubo, e strutturò la Leda atomica sulla sezione aurea. Lo svizzero Max Bill fonda i principi del suo linguaggio espressivo su un uso estremamente selettivo e contenuto dei materiali e sulla razionalita: ne scaturisce l'"Arte Concreta", che "l'espressione pura della misura e della legge armonica". L'olandese Maurits Cornelius Escher, che ebbe contatti con famosi matematici, popolò i suoi personalissimi disegni di solidi di ogni genere, e rappresentò in forma artistica modelli della geometria iperbolica. Grande inventore di oggetti impossibili e di mondi immaginari (Waterfall, Ascending and Descending, per citare due disegni molto noti), nel realizzarli fu influenzato dalle teorie dei matematici Poincarè e Penrose: si tratta di rappresentazioni in cui l'illusione ottica ha un ruolo fondamentale nel proporci un enigma insolubile secondo la logica corrente, anche se plausibile alla prima percezione sensoriale (un inganno dei sensi), spesso alla presenza di un personaggio che osserva, testimone esterno, a sua volta per inserito nella struttura impossibile, in modo che gli sia preclusa la soluzione dell'enigma. «Oggetti impossibili», ossia quegli oggetti che in natura non esistono, ma che sul piano dell'immagine mantengono una loro coerenza visiva. Per altri autori, come il Picasso cubista, è difficile trovare una legge geometrica che riproduca la frammentazione sia dello spazio che del movimento: si tratta di evocazioni di carattere più sfumato, meno rigoroso, eppure non meno rilevante. Picasso ha definito l'arte "una bugia che ci aiuta a riconoscere la verità". E' implicito, in questa affermazione, un richiamo alla complessità e non-linearità del mondo reale, che va a mescolarsi alla complessita e alla non-linearità dei sogni, delle immagini fantastiche, delle immagini prodotte dall'arte. E tuttavia fisica e matematica, e sulla loro scia le altre scienze della natura, ne hanno a lungo ignorato l'evidenza. Concentrando l'attenzione sui problemi semplici, quelli che erano in grado di risolvere, queste scienze hanno dato un forte impulso alla tecnologia e mutato radicalmente la faccia del nostro pianeta. Ma è chiaro ormai che troppo poco sappiamo sulle leggi non lineari e sulle loro implicazioni. Gli stessi fisici si stupiscono di come il caos possa nascere dalle più semplici equazioni2. Emanuela Fiorelli rappresenta una delle più giovani e nello stesso tempo una delle più forti voci dell'arte che cerchino di dare una risposta a queste domande attraverso un originale, intrigante e problematico rapporto con le matematiche. Rappresenta la forza del disegno assoluto, in virtù del quale le forme geometriche si iscrivono con rigore ed esattezza nello spazio. Dalle sue trame scaturisce il valore del segno e dei suoi rapporti. Ma dallo splendore geometrico che s'irradia dalle sue textures di fill e tarlatane scaturisce un'energia dinamica e imprevedibile. Un rigore estetico-matematico vincolato al concetto di una spazialità armonica ma inquieta, dove linee, superfici, volumi e profili formano un insieme strutturato ma fluido e instabile. Grande protagonista, anche il vuoto. Nel vuoto, Emanuela Fiorelli fa respirare lo spazio, lo dilata e lo contrae come sotto l'influsso di potenti campi magnetici che orientano variabilmente gli elementi costitutivi delle forme, facendoci avvertire tutte le potenzialità dei loro sviluppi dinamici.
Caos e Cosmo: contraddizione e simbiosi
Qual è anticamente l'esempio piu perfetto di forma bella? E' il cosmo visibile, secondo i Greci. II Kosmos è il Kalon per eccellenza. Li c'è un'armonia perfetta. Ma quest'armonia visibile del cosmo è qualcosa di assolutamente originario, o non dobbiamo piuttosto pensare che sia stata prodotta da qualcosa? E' davvero il bello, lo Kalon, questo cosmo che si manifesta, o non fa che alludere a una bellezza che lo trascende? Questo è il passaggio davvero fatale che opera Platone, quando pone come verità che l'ordine del cosmo che osserviamo è qualcosa di creato, un artificio del demiurgo. Questo passaggio di Platone fa si che il cosmo diventi artificio, mentre veramente eterna e necessaria diventa la materia, la hyle, che ii demiurgo plasma secondo le idee eterne e necessarie frutto della sua mente, e la pronoia, ovvero la mente che prevede, progetta. Ecco che si delinea la figura moderna dell'artista, che dovrà tentare con tutte le sue forze di alludere nell'opera alla luce intellettuale che illumina il demiurgo. Una frattura segna dunque, alle sue origini, l'arte occidentale. Spezzato it vincolo tra cosmo e bellezza, ridotto il bello visibile a una semplice apparenza del vero bello, che cosa può diventare la nostra opera d'arte? Qual è la sua verità? Può diventare il movimento del ricercare, il dubbio perenne, dove il bello non è mai l'opera ma soltanto ciò che si cerca; oppure, diventare nient'altro che un ordine estetico, denunciando la propria artificialità, come condizione inoltrepassabile, proibendosi ogni La soluzione trovata da Emanuela Fiorelli nelle opere del suo ciclo "Caosmo" sembra quella di creare un ossimoro tra l'antica idea di Cosmo e quella altrettanto antica di Caos, ricca di risvolti mitologici, ma recentemente riscoperta dalla scienza come chiave di volta di molte questioni inerenti la fisica. Esasperare cosi l'idea della problematicità, dell'oscillazione , dell'inafferrabilita della bellezza, e del suo rapporto contraddittorio e misterioso con l'arte. Denis Diderot, nella sua opera Interpretazione della Natura, gia nel 1753 si chiedeva se esistesse un fenomeno fisico centrale capace di illuminare non solo i fenomeni conosciuti, ma anche tutti quelli che il tempo avrebbe fatto scoprire, un fenomeno capace di riunirli e di formare un sistema. Forse dobbiamo cercarlo nella teoria del Caos. Le nuvole non sono sfere, ama dire Benoit Mandelbrot, pioniere dello studio del caos : con ordine, anche se con un ordine incredibilmente complicato, il caos dirige diligentemente tutte le operazioni alla base della vita riducendo it globale tessuto connettivo della natura in un unico, per quanto intricato sia, sistema frattale. Quindi, il caos va oltre Ia conformazione prettamente fisica della vita ed invade il terreno della stessa coscienza umana, per regolare, in una successione di eventi solo apparentemente casuali, la nostra intera esistenza. II caos è sempre stato avvertito intuitivamente dagli artisti: pensiamo ai suggestivi paesaggi cinesi immersi in una turbolenza totale (onde tumultuose, nubi, profili di montagne, forme vegetali orientate dai venti...), Van Gogh ed i suoi vorticanti flussi di energia che lambiscono ed avvolgono ogni contorno, le "maniacali" geometrie di Escher L'arte caosmotica di Emanuela Fiorelli, attraverso i propri mezzi di espressione, "miscela" sapientemente autosomiglianza e dissonanza, l'eterno contrasto tra la componente materica e quella mentale, fa coesistere la linearità ripetitiva e geometrica col meraviglioso ed a volte quasi indecifrabile caos dell'universo. Rientra, quindi, in gioco l'aspetto probabilistico delle posizioni delle unità elementari che compongono l'opera. Se "caotica" è la situazione di genesi e di persistenza dell'esistente, anzi addirittura la condicio sine qua non del suo essere, nelle sue implicazioni fisico-filosofiche, non può che recuperare l'idea di caos un'arte che, anche attraverso la definizione di un modello teorico/operativo e l'invenzione di un linguaggio coerente e consapevole, la interpreta e rappresenta. Ogni intervento artistico della Fiorelli si configura dunque come una "summa" Caos /Cosmos, volutamente non riducibile ad unum et unicum: la simbiosi ossimorica disordine/ordine, in intima connessione ed in rapporto di reciproca necessità, diventa principio di verità che da senso e valore alle molteplici diversità dell'esistente. "Caos" - nota Heidegger a proposito di Nietzsche - significa qualcosa di diverso da un qualsivoglia disordine nel campo delle percezioni sensoriali, e forse neppure disordine. Esso e il nome per indicare "il corpo che vive, la vita come vivente in grande". Ma questa vita vive, in quanto è pienamente e assolutamente corpo ("das leibende Leben"), it movimento, cioè, di quell'incorporare-divorare in cui sta la creazione-distruzione immanente alla physis. La parola "caos", dunque, per Heidegger non indica ciò che è non-ordinato, per aver negletto ogni ordine, bensì ciò che "incalza, torrenzialmente fluisce ed mosso". II suo ordine e nascosto, la sua legge non la decifriamo immediatamente. Non a caso Heidegger sottolinea la corporeità di quel vivente caos che è il mondo, richiamandosi al pensiero nietzscheano del corpo come suo interno "filo conduttore". L'esperienza fondamentale del mondo ("Grunderfabrung der Welt") come caos, si radica, per Heidegger, nel "progetto cosmico" articolato a partire dal luogo della vita: il corpo. Il caos, allora, non può significare il selvaggio disordine, bensi l"'insoggiogabile ricchezza del divenire e dello scorrere del mondo nella sua totalità". Oggi vediamo che i sistemi più semplici creano problemi di prevedibilità estremamente difficili. Eppure in quei sistemi si produce spontaneamente ordine: Caos e ordine assieme. Solo un nuovo tipo di scienza poteva accingersi a valicare I'abisso fra la conoscenza del comportamento di una cosa, una molecola d'acqua, una cellula del tessuto cardiaco, un neurone - e quello di milioni di altre cose simili.
Caosmo: essenza e mutevolezza
Emanuela Fiorelli affronta lo spazio dell'arte come spazio dominato da leggi fisiche universali e oggettive, ma suscettibili di infinite applicazioni e sviluppi individuali. La natura come campo dell'oggettività scientifica, e contemporaneamente della soggettività artistica e poietica Lo studio delle leggi fisiche e matematiche insomma strumentale a una ricerca sulla forma suscettibile d'infinite articolazioni, cariche di valenze estetiche, the ruotano intorno al dinamismo, alla metamorfosi, al flusso. Flussi misteriosi orientano gli elementi costitutivi delle opere, e it loro disegno compositivo, come se fossero collocati entro potenti campi magnetici. In questa ricerca ii mutevolissimo microcosmo dell'immaginazione simbolica dialoga ininterrottamente con Ia dinamica della struttura cosmica. Lo spazio interiore e quello esterno, di cui noi stessi siamo il confine, sono racchiusi in quest'opera in cui tutto si muove e tutto è leggero. E' una vera complexio oppositorum di dati e leggi naturali e di "artifici" volti a "intepretarli", curvandoli verso una fenomenologia dell'individualità estetica. Un lavoro in cui gli elementi parziali sono noti, ma le modalità del loro accordarsi sono spesso stranianti e misteriose. Rebus di una condizione originaria e assoluta — essenziale, eidetica, come la matematica - questa ricerca artistica indaga la natura re-inventandola. Per questo le figure del fisico, del matematico, dell'architetto e del poeta si assommano in quella di Emanuela Fiorelli. In La pensee et le mouvant, Bergson contrapponeva al carattere "musicale" della conoscenza intuitiva la metafora della collana di perle come esempio della rappresentazione intellettuale. Nei "Caosmi" di Emanuela Fiorelli, la musicalità dell'intuizione, che si fa azione-percezione immediata e coinvolgente, si unisce all'estrema lucidità di una tensione cognitiva perennemente vigile e inquieta. Le perle della collana che la Fiorelli sgrana davanti ai nostri occhi sono i suoi fill, coinvolti in un intrigante gioco cinetico e vettoriale di flussi e riflussi. Ciò che vediamo è un'infinità di passaggi fluidi, sfumati. Se riusciremo a entrare in quest'ottica, vedremo una dimensione spaziale dove non esistono confini - termines - ma soltanto sconfinamenti . Un'ottica che abbraccia anche l'invisibile, il flusso metamorfico del tempo che fa "sfumare" disegni e forme l'uno nell'altro. Nel XX secolo il fondamento della cultura materiale si è spostato dall'energia meccanica all'energia elettronica, e ciò ha determinato lo sviluppo della cibernetica, dell'informatica, della telematica, che ha trasformato radicalmente non solo le modalità di produzione di "oggetti", ma anche la loro natura, e dunque il nostro modo di percepirli. La rigidità schematica della struttura meccanica ha lasciato il posto alla complessità della struttura elettronica. Emanuela Fiorelli, consapevole di ciò, sfrutta brillantemente in senso estetico questa consapevolezza della ciclica e infinita convertibilità reciproca materia-energia, della fluidità radicale e diffusa, che si fa immagine di bellezza nei suoi studi visivi sui flussi. Emanuela Fiorelli lavora anche su una sottile ambiguità tra simmetria e asimmetria, individuando l'ordine sotteso all'apparente disordine e alle asimmetrie della natura, e valorizzando nel contempo la pregnanza estetica di queste manifestazioni. E' lontana, quindi, da un algido mondo di geometrie platoniche. La sua arte si mostra contemporaneamente come controllo totale sull'oggetto, the diventa materializzazione di visioni alternative, e la consapevolezza del mondo fisico-naturale come inesauribile repertorio visivo, labirinto di immagini metamorfiche dove e possibile smarrirsi.
Note:
1 Cfr. Ch.W.Morris, Lineamenti di una teoria dei segni, Para via, Torino, 1954.
Cfr. H.O. Peitgen-Peter H. Richter, The beauty of fractals-images of complex dynamical systems, Springer Verlag, Berlin° 1986.
Cfr. James Gleick, CAOS , Rizzoli, Milano, 1984
In principio era il punto
di Michele Emmer
Tutto cominciô con il punto che, come ha scritto Euclide, è quella cosa che non ha parti. E se di punti se ne prendono due si può tracciare una linea tra i due punti, linea che, dice sempre Euclide, ha lun-ghezza senza larghezza. Idee che Piero della France¬sca riprende all'inizio del trattato sulla prospettiva. E' molto probabile che tra quei due punti che faranno conoscere all'umanità la linea retta, si tracciava agli inizi un corda, un filo. Paletti e corda come strumenti, strumenti utili per la civiltà. La geometria nata come capacità di poter misurare la terra, di poter tracciare fill da un capo all'altro dei territori. Un'esigenza pratica che diventa astrazione, che diventa idea Platonica che resterà sempre, immutabile. Una realtà cosmica. Linee che compongono superfici, superfici che si immergono nello spazio. Lo spazio non era, come credevano gli antichi e recenti filosofi un dato oggettivo ed immutabile, con una realtà fisica inconfutabile. Lo spazio e' un prodotto culturale, I'idea di spazio muta con i cambiamenti scientifici, culturali, di gusto e stile. Uno spazio, tanti spazi, generati si da punti e linee, qualunque cosa le linee e i punti siano. I matematici non si preoccupano, non sono giustamente filosofi, o forse meglio dei si preoccupano dunque di cosa quegli oggetti geometric siano, ma ne studiano, ne spiano le proprie¬tà, le proprietà nello spazio, negli spazi, qualsiasi cosa gli spazi siano. E proprio cercando di cogliere l'essenza dello spazio che si pensava unico ed immutabile, quello che aveva tracciato Euclide, i geometri scoprirono che le linee che si potevano tracciare erano molte di più di quello che si riteneva. Rette, rette parallele, che all'infinito si incontrano, che sembrano incontrarsi, come volevano le leggi della prospettiva, le leggi della geometria proiettiva. Rette parallele che sono uniche ma che possono non esserlo, che possono non esistere, che possono essere tante, e allora lo spazio geometrico muta, cambia, assume un aspetto completamente diverso. Sembra che il nostro vedere non sia secondo le leggi dell'ottica geometrica euclidea. D'altra parte not tutti viviamo in uno spazio incurvato, su una sfera, in cui tutte le rette si incurvano, cosi nello spazio profondo tutte le rette che lo attraversano sono deviate
alcune opere esposte