Sottopelle: Enrico Castellani, Emanuela Fiorelli
Libreria di Arte Contemporanea, Roma
Cucire insieme le profondità, spazio su spazio e senza cesure, ma attraverso impercettibili passaggi. Esplorare la forma attraverso materiali poveri, che restituiscono la loro texture e la loro identità.
Questo sembra essere il pensiero che guida la ricerca di Emanuela Fiorelli. In questa occasione le sue opere sono affiancate a un lavoro di Enrico Castellani, in coerenza con il progetto espositivo a cura di Alessio Verzenassi, che si propone di esplorare e di alimentare dialoghi tra figure storiche e artisti dei nostri giorni. Attraverso uno sguardo critico che non teme lontananze storiche, possiamo individuare le radici del linguaggio della Fiorelli.
C’è l’assenza degli elementi figurativi, l’idea dello spazio come campo mobile in continua formazione, l’autoreferenzialità dei materiali usati. Tutti stimoli analoghi agli atteggiamenti delle grandi famiglie storiche (con o senza parentela!) dell’Astrattismo, dell’Informale e dello Spazialismo. Riassunte le influenze col doveroso rispetto storico di chi vive l’arte in termini di continuità con un passato che poi passato non è mai, Fiorelli aggiunge quella sua sensibilità personale nell’intrecciare senza confondere, nell’alludere senza dire, nell’espandersi senza temere di essere contenuta, esternando quelle energie così diverse da quelle dell’opera esposta di Castellani, così attento invece ai movimenti del sottosuolo formale, dove elementi acuminati rompono l’indifferenziato della superficie che contiene quasi come una pelle, creando dossi e sprofondamenti in un colore omogeneo che ha in sé tutta la varietà plastica della scultura.
Proprio questo aspetto sottolinea Verzenassi nel testo critico in catalogo: “Se il maestro(…) preme e punge il tergo della tela, provocando nel verso un ritmo di aggetti elastici ma bloccati, cioè trattenuti nel potenziale sfogo, invece il lavoro della Fiorelli pare come ultimare quel processo di sfondamento e liberazione”.
Resta però il bisogno di considerare come nelle ricerche spaziali di matrice astratta odierne (con le dovute eccezioni), si tenda a volte verso un tiepido accademismo. Metodi e poetiche che diventano così pregevoli esercizi di forma. Da tener presente, ad esempio, il grande influsso di Avanguardie storiche e Neoavanguardie, che spesso toglie alle opere quella forza che rende meno prevedibile l’operato, pur conferendo l’interessante spinta a riaffermare o a rimettere in discussione.
Lo stesso è riscontrabile tra l’altro nel rapporto tra figurazione e tecnologia, che nella vasta apertura di proposte e sviluppi dà spesso per scontati certi clichè.
La mostra di Emanuela Fiorelli è uno zoom che sintetizza la sua pluriennale ricerca. È un momento in piena armonia con la continuità rigorosa e metodica del suo percorso. Ed è proprio la coerenza l’elemento principale per cui la mostra si fa apprezzare